30-06-2023

Mickey Mouse New Adventures

Una tendenza particolare sta emergendo nel topo bertaniano: e se lasciassimo scrivere anche i disegnatori?

Capiamoci, non si può dire che la figura dell'autore completo sia nata con la direzione Bertani, bensì è ben noto come sia congenita al fumetto in quanto tale e al fumetto Disney in particolare. Basti pensare come Cark Barks fosse un autore completo, così come Romano Scarpa (nelle sequenze di storie che contano per definire Scarpa autore con una propria visione). Bisogna dire, però che generalmente si tratta in questi casi di autori completi ab origine. Non ricordo molti casi di autori diventati completi. Certo, Scarpa non nasce come autore completo, così come Barks, ma la loro trasformazione in tale avviene così presto nella loro carriera che è difficile pensarli come non naturali espressioni di questa categoria artistica. Esempi di percorsi più lunghi per arrivare all'autorato completo si possono trovare anche in tempi recenti. Mi viene da pensare a Casty, che ha avuto una florida produzione, prima di "Topolino e le macchine ribelli" (certo, anche se a posteriori, anche a seguito della tecnica dello storyboard, il suo percorso può vedersi come quello di un autore unico in fieri).

La direzione che mi preme, però, introdurre non è tanto quella da sceneggiatore ad autore unico [da qui in poi a.u.], bensì quella da disegnatore ad a.u., poiché offre gli spunti più interessanti in tempi recenti. Alla fine si può considerare questo cammino come uno dei più promettenti nel mondo Disney: se identifichiamo la produzione sindacata di Topolino, come il Topo di Gottfredson, non è solo per metonimia, ma per evidenziare come, al variare degli sceneggiatori la striscia riuscì a mantenere una certa consistenza artistica e qualitativa, date anche da una costante influenza del suo disegnatore. Non voglio però scavare in questo aspetto, essendo la produzione sindata molto interessante e gravida di aspetti da analizzare. Quello che intendo desumere da quest'esperienza, però, è come l'influenza del disegnatore non sia indifferente per un medium visivo, come i fumetti, e i fumetti Disney in particolare. Nel mondo della banda Disney è utile individuare una coerenza riguardante i personaggi, che per motivi evidenti, non può fondarsi in modo troppo solido su esperienze ed un passato condivisi, ma, invece, può fare affidamento ad una recitazione, ad una modalità di espressione propria ad ogni standard character. Questa è l'eredità dell'animazione, passata sulla carta proprio nell'ambito della produzione sindacata, così spesso inseparabile dal resto delle produzioni dello studio Disney. Fino all'arrivo della produzione per comic book di Dell et al. è improprio pensare ad un fumetto nettamente separato dal resto di quello che facevano Walt Disney e i WDAS. Erano media affratellati dalle stesse sorgenti e anche dalla stessa prossimità geografica degli uffici in cui si realizzavano. L'aspetto visivo e recitativo assume, quindi un'importanza fondamentale, che negli anni e nelle interpretazioni nazionali seguenti si è rischiato di perdere, in funzione di realizzazioni più figlie della narrazione fumettistica convenzionale (ed un pò manieristica) che dell'estetica specifica che rende il fumetto Disney tale.

Non che questo discorso invalidi la figura dello sceneggiatore (interessante sarebbe indagare anche la figura dello sceneggiatore con qualche abilità nel campo del disegno e di come questo influenzi le sue capacità di scrittura, i primi nomi che mi vengono in mente al momento sono Cimino e i nostri padri Artibani e Sisti), quanto sottolineare come possa risultare interessante lasciare le redini a disegnatori che negli anni si sono distinti nel recepire e nell'elaborare lo storytelling disneyano. I risultati in questo riguardo sono stati generalmente entusiasmanti: basti pensare a Massimo De Vita, che ha creato col suo lavoro da a.u. una delle saghe più iconiche della Disney italiana (e per quanto concerne M.d.V., forse sarebbe bene considerare quanto il suo apporto dal lato di sceneggiatore debba essere moltiplcato, noti come sono i suoi interventi su storie altrui da lui disegnate. Era o non era lui l'autore citato nell'inervista al Papersera di Massimo Marconi che affermava che servissero soggettisti, perché poi i disegnatori sarebbero stati in grado di trarne storie autonomamamente da tali soggetti?), o più recentemente Marco Gervasio, la cui saga di Fantomius macina successi dopo successi.

Non tedierò oltre, con incisi che forse potrebbero essere elaborati altrove, perché il mio interesse al momento risiede altrove. Con la direzione Bertani ho notato una tendenza a consentire ai disegnatori (di esperienza, naturalmente) di avventurarsi in storie come aa.uu. più consequenziale. Quelle che prima potevano sembrare eccezioni stanno prendendo piede. Claudio Sciarrone, da "Foglie Rosse" in poi sta prendendo sempre più piede, pubblicando sette storie negli ultimi 4 anni. Giuseppe Zironi, che, in verità, ha avuto esperienze da a.u. fin dagli anni '90, ha avuto assegnata una serie "Topolino Giramondo", anche raccolta nella collana Topolino Extra. Lo scorso Dicembre ha esordito Fabio Celoni, con l'immaginifica "Il destino di Paperone", il quale aveva avuto altre esperienze su Dylan Dog e nel "Totò, l'erede di Don Chisciotte". E recentemente ha esordito come a.u. anche Alessandro Pastrovicchio, da poco tornato a collaborare a pieno regime col settimanale. Proprio su questa nuova iniziativa vuole vertere questo post.

Il caso del giorno, infatti, riguarda Alessandro Pastrovicchio, che dopo un decennio, è recentemente tornato a collaborare col settimanale. La sua prima prova è stat il Viaggio nella Luna, che, come si apprende dalle interviste (per facile reperibilità allego sopra quella recente sul canale di Fisbio), nasce come un'idea, come un soggetto preliminare, dallo stesso Pastrovicchio, che la propone alla redazione e al direttore Bertani, per poi indirizzarsi verso Bruno Enna per il lavoro vero e proprio di sceneggiatura. Non sembra una pratica nuova, se si pensa alla genesi di Potere e Potenza, per la quale gli annali raccontano come uno sprone rilevante verso Francesco Artibani e la redazione per il rilancio di Pk venne da Lorenzo Pastrovicchio. Insomma, Alessandro Pastrovicchio torna su Topolino con un bagaglio di cose da dire e, se prima aveva optato per una coadiuvazione con una penna esperta, in seguito si sente pronto per muoversi in autonomia. Ecco che viene realizzata la storia oggetto dell'articolo: "Topolino e il fattore gamma".

Il fattore gamma è una storia anomala anche per lo standard del Topolino bertaniano, sempre aperto a sperimentazioni autoriali ed editoriali. Alessandro Pastrovicchio ci trasporta in una Topolinia che entra in collisione con le sue passioni e si nota chiaramente lo spirito dell'autore che alla prima opera si trova a gestire l'urgenza del raccontare. Ecco, forse si dosa poco, ma il coinvolgimento di chi è dietro la tavola trova risonanza nel lettore. La prima parte della storia, pur presentando uno scenario abituale ed eventi convenzionali, si propone di farlo con uno stile che osa ad ogni tavola. La gabbia non è praticamente mai queslla tradizionale (e ancor meno lo sarà nelle puntate seguenti), mentre nelle stesse vignette Pastrovicchio si permette una regia coraggiosa, cogliendo le azioni dei nostri eroi da prospettive inusuali, che conferiscono dinamicità alle scene. Per quanto riguarda i concetti, bisogna dire che l'urgenza autoriale provoca un effetto che si potrebbe quasi dire di accumulazione: al procedere della narrazione si introducono nuovi elementi, che mutano lo scenario tradizionale di Topolinia, fino ad accogliere elementi sempre più complessi. Se nel primo episodio rimane comunque una patina della rassicurante Topolinia, presentata con trovate grafiche ingegnose, dal secondo capitolo, con l'introduzione vera e prorpia del villain, si vira verso una narrazione dal taglio più moderno, condito da esposizioni e riferimenti scientifico-culturali mai banali e illustrazioni suggestive e mozzafiato. Si nota l'attenzione posta al colore da parte di Pastrovicchio, che supervisiona il lavoro di Chiara Bonacini, per comunicare al meglio le sensazioni che ogni scena aveva il compito di instillare al lettore. L'impegno certosino per dare un affresco delle ambientazioni e del cosmo, in cui si ambienta buona parte dell'avventura, ripaga, conferendo alla narrazione una tridimensionalità che fa spiccare la storia dal classico canovaccio fantascientifico del settimanale.

Arriviamo, però, al punto. Questo articolo si intitola Mickey Mouse New Adventures, e c'è un motivo. Pastrovicchio riversa in questa storia le sue passioni e le sue iperfissazioni, ma senza snaturare il registro dei personaggi disneyani, i quali sono calati in un'avventura ai limiti della loro normalità, ma si trovano a reagirvi con naturalezza, eredi di narrazioni e caratterizzazioni consolidate. Pastrovicchio non tradisce mai i suoi personaggi, anzi, intende riscoprire una continuità nei loro manierismi, quasi da sfidare il lettore a riscoprire come quel Topolino quell'Enigm, quell'Atomino, quel Basettoni, siano i nostri e come siano eredi del patrimonio narrativo di cui Pastrovicchio è, cronologicamente (durante la lettura di questa storia), l'ultimo interprete. Questo è un approccio molto simile a quello che il Pk Team ha portato avanti negli anni '90, per calare Paperinik in scenari nuovi, senza snaturarlo, ma anzi rispettando molti elementi della caratterizzazione e del background che nelle storie convenzionali si potevano perdere, fra consuetudini e manierismi.

Alcuni elementi sono confessati chiaramente nelle interviste (anche sul Topolino). Enigm ha una personalità più ruvida, rispetto ad altre sue iterazioni, per ricollegarlo in modo più diretto con il personaggio del Mistero dell'Uomo Nuvola. In quella storia Enigm impara a fidarsi di Topolino, ma è una personalità bizzarra, non ancora uso ad empatizzare col prossimo. La storia, inoltre, riconosce un corpus precedente di avventure rispetto alle quali porsi in continuità: sicuramente è successiva agli Ombronauti del corregionale Casty. Pastrovicchio, infatti, si trova a sfruttare una debolezza indivituata dal collega goriziano, per sviluppare un nuovo set di poteri per il Atomino Bip-Bip, funzionali alle vicende in cui si sarebbero cacciati i nostri eroi in queste pagine. Altri sono aspetti meno espliciti, ma che non possono sfuggire ad un occhio esperto: sono le citazioni grafiche, che espandono la continuità in un ambito poco considerato, generalmente, ma fondamentale per la caratterizzazione dei personaggi Disney. Disney, prima di essere un corpus fumettistico è animazione. I suoi personaggi, prima di avere una casa in via dei Platani o sulla collina Ammazzamotori, sono recitazioni, movimenti, voci, che offrono uno spaccato di tipi umani e di reazioni alla realtà circostante, su cui spesso si sorvola. Pastrovicchio non lo fa, anzi, sfrutta le lezioni dei maestri passati per dare una caratterizzazione grafica e recitativa ai suoi personaggi.

Se Enigm recupera la sua spigolosità Gottfredsoniana anche nelle forme, per Atomino si possono individuare le citazioni grafiche alle scene delle storie scarpiane, come lo stop al bar per ricaricare le batterie (più letteralmente si quanto si pensi). Ma è con Topolino che l'autore dà il meglio di questa ricerca iconografica. Il Topolino di Alessandro Pastrovicchio è un Topolino che ha sciacquato i panni in Arno, se l'Arno fosse fra i canali di Venezia. Le espressioni di questo personaggio, i suoi manierismi recitativi, i movimenti della mani, sono rimandi espliciti alla memoria di Romano Scarpa. Uno Scarpa in particolare azzarderei, lo Scarpa degli anni '80, quello del periodo argenteo, con le Strip Stories e il ritrovato afflato per la narrazione lunga, erede del lascito Gottfredsoniano.

La definizione di MMNA, nasce proprio da questi fattori, gli stessi a cui negli anni '90 ha risposto PKNA, ovvero: come prendere un personaggio, rimanendo fedele alla sua essenzia e calarlo in un contesto moderno, in una narrazione meno dipendente da schemi autoreferenziali. Questa linea di pensiero ci ha dato molto, in termini qualitativi e di sperimentazione. Non che questo siginifichi la cessazione di approcci più neoclassici, che, se svolti adeguatamente, regalano ancora eccellenti prove, di cui questa storia fa tesoro, ma interpretazioni come quella di Pastrovicchio possono essere utili a veicolare una tipologia di comunicazione legata a questi personaggi più legata al tempo presente e in grado di raccogliere istanze verso le quali è ora di essere più ricettivi. Il Topolino recente ha ben capito che questa è una strada da percorrere, coniugando attenzione alla costruzione complessiva dell'universo Disney, in una continuity leggera, e sollecitando espressioni autoriali, narrazioni più di azione o intrise di spirito più poetico, in modo da fornire al lettore un pasto ricco di pietanze variegate e stimolanti.

In quest'ottica l'idea di lasciare maggiore libertà autoriale ai disegnatori potrà forse permettere, come, a mio parere, sta facendo, di accedere a sensibilità originali, ma legate ad un'interpretazione fedele dei personaggi.