Osservatorio Topolino


Generalmente per delineare l’operato di un direttore di Topolino, a causa della serrata schedule settimanale, non è utile analizzare i numeri del settimanale immediatamente successivi alla sua intronazione, essendo questi ancora frutto delle scelte operate dalla direzione precedente. Ci vogliono alcuni mesi per imprimere alla testata la direzione desiderata (anche alcuni anni per smaltire tutte le storie approvate e accumulate nel fantomatico magazzino). A qualche mese dalla successione, infatti, la nuova direzione presenta un restyling grafico, che segna il passo per iniziare a delineare quale sarà il Topolino del futuro. Non è una cesura netta, la maggior parte delle storie è ancora figlia di logiche precedenti, ma i primi semi iniziano a vedersi.

Negli anni noi lettori siamo riusciti a costruirci un’idea di come il direttore Bertani concepisce il suo ciclo alla guida del settimanale: un approccio più interventista nella fase creativa, un tentativo di definire un’identità grafica alle storie e un’attenzione maggiore all’aspetto fumettistico, rispetto a quello di rivista. Tutto questo ha dato modo di delineare una sorta di Bertani-verse, un universo Disney più credibile, con storie lunghe ad episodi, status quo ragionati per i personaggi, in modo che ognuno abbia un ruolo e non sia più in un tal modo perché così è sempre stato e una continuity più stretta (rispetto alle maglie larghe precedenti).


Il numero di Topolino che ha dato l’inizio a questa direzione è stato il 3294, in cui viene introdotta la nuova veste grafica del settimanale. Se non fosse per la copertina frecceriana slegata dal contenuto del volumetto (consuetudine che prenderà piede più avanti), le storie non sono particolarmente esemplari del nuovo approccio. Addirittura abbiamo gli ultimi episodi di Orgoglio e Pregiudizio, l’ultima opera disneyana del Bigturks, ora stabilmente di stanza in Bao Publishing, al lavoro su opere stratificate e liberi dai paletti che negli ultimi tempi avevano toccato anche loro (sia nell’Isola del Tesoro che in Ducks on the Road).


Questo osservatorio non si prefigge di far passare sotto la lente ogni numero del settimanale, soprattutto questi primi bertaniani, poiché non ovunque sono presenti elementi che aiutino a stile il profilo del topo di questa svolta degli anni ’20. Sarebbe però ingeneroso non citare il numero immediatamente seguente, il 3295, perché incontra alcune influenze che diventeranno preponderanti in futuro. La storia di apertura, Zio Paperone e i tempi del Klondike, annunciata fin da una splendida copertina di Cavazzano, Zio Paperone e i tempi del Klondike, a firma Zemelo e Celoni, ci riporta alle atmosfere del Klondike. Siamo alla fine dell’epopea della caccia all’oro e si respira quel sentimento crepuscolare e magico, che dona alla narrazione un velo di sentimentalismo (non in accezione negativa), accentuato da un Celoni particolarmente ispirato. Questi toni, che lasciano il lettore veleggiare sospinto dalle emozioni sarà un leitmotiv dell’approccio a molti personaggi da parte della direzione Bertani (con un uso sapiente di tavole mute, qui quasi assenti a ben dire). Un aspetto inusitato è il confronto che si fa nelle rubriche fra la cronologia ufficiale della caccia all’oro nel Klondike e la biografia di Paperone, indicando precisamente le date, come da canone donrosiano.

Se questa storia, come è ragionevole pensare, non è stata approvata da Bertani, sicuramente avrà incontrato il suo interesse, poiché da lì a poco anche gli autori qui impegnati, diventeranno voci più forti nel Topolino che verrà. È presente anche una storia di Zironi, che continuerà nell’esperienza da autore completo, tanto da dar vita ad uno dei cicli su cui la redazione punterà in futuro (chissà come questa scelta sarà vista col senno di poi). Viene, inoltre, riscoperto il filone della Storia dell’Arte di Topolino, scritto da Roberto Gagnor, il quale diventerà anch’egli una firma di punta (lo era già nella gestione precedente, ma d’ora in poi gli saranno affidati progetti di punta della visione bertaniana).


Il numero 3296 potrebbe essere trascurato, se non per un ampio articolo che annuncia la storia di punta del numero seguente. Approfondimenti, che danno la parola anche agli autori delle storie, nonostante già presenti da tempo, diventeranno più frequenti, per le storie a puntate considerate di rilievo nell’economia del settimanale.


Questa cronologica ha l’intenzione di soffermarsi sulle storie lunghe, sulle serie, i personaggi ricorrenti e le singole storie meritevoli. Questo anche per tenere traccia delle trame sviluppatesi in questi anni, che hanno la bizzarra consuetudine di incrociarsi e di rimanere nella memoria dei personaggi. Quindi mi tocca prendere in esame i numeri 3297, 3298, 3299, 3300 e 3301, convenientemente in blocco. Questi albi si distinguono per ospitare la storia a puntate Il Conte di Anatrham, per i testi di Marco Bosco e i disegni di Nicolino Picone. Questa è una storia in costume, come tante a cui il Topo ci ha abituat3. Risulta apprezzabile la scelta di utilizzare un cast di paperi ben allargato, in cui i vari personaggi hanno un loro ruolo. Le varie trame che si sovrappongono avvicinano la narrazione alle collaborazioni di Bosco con Silvia Ziche, anche se con una comicità molto più trattenuta. In breve, un soggetto originale, portato avanti in modo consuetudinario, con ai disegni un Picone assai “intiano”.

A corredo di questi numeri, si possono leggere le leggere ed istruttive storie del ciclo della Storia dell’Arte di Topolino, una serie di brevi ambientate nel mondo di Wizards of Mickey e con protagonista Gambadilegno, oltre a varie storie di media lunghezza autoconclusive. Nel 3297 Alessandro Sisti e Marco Palazzi presentano un Topolino che si trova invischiato come testimone in un pericoloso caso poliziesco (Topolino nel mirino), in cui, pur nei limiti del settimanale, fattisi più stringenti col tempo, si cerca di portare a casa una narrazione dal taglio più grintoso con un’ambientazione meno rassicurante. Il risultato è però solo parziale. In una breve, poi, Faccini fa il suo solito lavoro, che ha poco bisogno di presentazioni (Paperino e lo spirito del collezionista).

[Questo è un lavoro in corso.]

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