Originariamente la serie Kylion, opera ideata Francesco Artibani e Giulio De Vita per l'etichetta Buena Vista Comics della Disney Italia, doveva avere uno stile ben diverso. Infatti in una prima versione il character design dei personaggi era curato da Corrado Mastantuono. Le immagini sono tratte dal forum Sbonk.

In questa intervista Artibani parla più in dettaglio delle sorti di Kylion (e non solo):

La questione è molto delicata. Forse sarebbe innanzitutto necessario trovare una sintonia con gli autori, mettendoli in condizione di fare completamente il loro lavoro. Il marketing e i focus group come strumento di valutazione non sono una scienza esatta. Se per fare gli editori bastasse contare sulla forza delle percentuali, questo sarebbe un mondo facile. Kylion è stata invece la riprova che viviamo in un mondo imperfetto. Con questa serie, nella quale credevamo molto, io e Giulio De Vita abbiamo vissuto un’esperienza surreale ed educativa allo stesso tempo. Per raggiungere una fascia di lettori inesistente in natura, il nostro progetto ha subito una serie di stravolgimenti sempre più profondi; le trame, le caratteristiche dei personaggi, lo stesso titolo della serie sono stati modificati e scelti da altri, senza nessuna possibilità di appello o di intervento da parte nostra. La redazione, l’Accademia Disney, le cavie umane dei focus group, i produttori di giocattoli e di zainetti: tutti hanno voluto dare il loro contributo indispensabile con delle modalità che sono andate al di là del normale rapporto tra editore e autore. Autori bravissimi come Vietti, Medda, Bartoli e Olivares non hanno avuto l’opportunità di fare quello che sapevano fare. Io e Giulio De Vita abbiamo seguito le richieste dell’editore fin quando è stato umanamente possibile; abbiamo abbandonato la serie senza rimpianti quando, dopo pochi numeri, ha iniziato ad assomigliare sempre di più al polpettone della mensa. Non sapevamo quello che c’era dentro ma avevamo visto in faccia chi lo cucinava - e questo ci è bastato -.

[...] Semplificando il concetto (e per evitare che gli esperti di marketing inorridiscano) un focus group prevede un gruppo di lettura composto da ragazzini (nel caso dei titoli Disney) che rappresentano il target di riferimento. Questo gruppo di lettura legge un albo o una storia e quindi esprime le proprie valutazioni in merito (incollando faccine adesive sorridenti o tristi sulle pagine che li hanno colpiti più o meno positivamente). Degli analisti elaborano questi risultati, fornendo all’editore committente un responso. Da quel responso, l’editore compie le sue valutazioni e quindi interviene (modificando il prodotto o, nella peggiore delle ipotesi, mettendolo da parte).

[...] Gottfredson, Barks, Murry, Scarpa, Carpi… per i vertici sono glorie di famiglia sui quali non c’è un reale investimento dal momento che sono autori immensi, considerati in quanto tali ma, commercialmente parlando, del tutto irrilevanti. Sono un capitale artistico che va a coprire il pubblico di nicchia che, in tempi di magra, rappresenta sempre una risorsa. Si tratta infatti di un pubblico adulto, senza particolari problemi economici, che è molto esigente, ma che sa essere anche molto fedele se preso per il verso giusto. Purtroppo è numericamente insignificante e questo l’editore lo sa. Allo stesso tempo l’editore non si pone domande su il Topolino degli anni d’oro: il Louvre non fa un focus group per sapere che cosa ne pensano i turisti della Gioconda. Per quello che posso saperne, i focus group più recenti hanno dato degli indirizzi, delle indicazioni, dei suggerimenti, ma non hanno mai azzeccato un risultato. Sono un po’ come i sondaggi americani di Berlusconi; dicono al committente quello che vuole sentirsi dire (del resto, con quello che costano, è il minimo che possano fare).

[...] Su Kylion, per accontentare le richieste dei focus group o dei produttori di giocattoli, ci siamo trovati tutti a fare i conti con elementi che con il fumetto avevano poco a che fare. Attraverso una gestione approssimativa, la redazione interveniva riscrivendo interi episodi senza consultare gli autori della serie o gli autori delle storie. Quello che avete letto sulle pagine di Kylion, anche se portava la firma di ottimi scrittori come Medda, Bartoli, La Neve e Vietti, ha subito una quantità inaccettabile di rimaneggiamenti da rendere irriconoscibile il risultato finale. Non è la riscrittura di una, cinque, dieci pagine che non si accetta: rimettere le mani sul proprio lavoro è l’essenza del lavoro della scrittura. Quello che è inaccettabile è la manipolazione dettata da capricci, ripensamenti o da improvvisazioni; è un metodo questo che, per conto mio, va respinto nella maniera più totale.

[...] Secondo me questo è possibile [far coesistere merketing e fantasia, passione e finanza, ndr] a condizione che gli esperti di marketing non facciano i creativi. Il successo di Witch ha dato alla testa a molti, soprattutto a quelli che al progetto ci credevano poco o sono saliti in corsa sul carretto. Witch non è nato come prodotto di marketing, ma come un'esperienza spinta dalla passione di un gruppo di autori che si è trasformata in una serie molto popolare. Se il marketing applicato al fumetto fosse una scienza esatta, la Disney avrebbe i mezzi per produrre un successo internazionale all’anno; i fatti, evidentemente, ci dicono che le cose non stanno così (ma non c’è niente di male, intendiamoci: sarebbe disumano il contrario).

— Francesco Artibani

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